Ad ogni nuovo anno scolastico le aule si riempiono di nuove speranze e dell’impegno di una intera comunità – insegnanti, ragazzi e genitori – per rendere migliore la società in cui tutti viviamo. Perché i giovani di oggi, gli adulti di domani, contengono in sé la promessa di un mondo più giusto. Ardua ma decisiva per tutti è dunque la sfida che la scuola si trova ad affrontare: quella di recuperare le conseguenze di due anni di pandemia, tra Dad e quarantene. Conseguenze che – come era prevedibile – hanno minato le competenze minime degli studenti, accresciuto le differenze tra Nord e Sud, aumentato il tasso di bocciature.
Quest’anno i risultati Invalsi (le prove standardizzate che gli studenti svolgono in diverse fasi del loro percorso scolastico, per verificare quali livelli di apprendimento abbiano raggiunto), indicano che, alle medie inferiori, si è fermato il calo delle competenze registrato negli anni precedenti e che il 61% degli allievi raggiunge almeno le competenze di base in italiano (ovvero il livello 3 in una scala da 1 a 5) , e il 56% in matematica. In tutte le materie, le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra coloro che provengono da contesti socioeconomico e culturali più sfavorevoli e nel Mezzogiorno.
Per quanto riguarda le superiori, i risultati del 2022 indicano che si è fermato il calo in italiano e matematica registrato tra il 2019 e 2021. In italiano il 52% degli studenti raggiunge il livello base (dal livello 3 in su), percentuale che in matematica scende al 50%. E l’inglese? Anche in questa materia non c’è molto da gioire. Solo il 52% raggiunge il B2 cioè il livello richiesto per la lettura, percentuale comunque in crescita rispetto all’anno scorso. Ma bisogna sottolineare che anche alle superiori si registrano, e anzi si ampliano ulteriormente, i divari territoriali tra Nord e Sud.
Non lasciare indietro nessuno Quello che i numeri ci consegnano, insomma, è l’ingiustizia che condiziona il futuro di tanti ragazzi e ragazze perché, proprio nei territori dove si concentra la povertà, l‘offerta educativa è più debole. E li potrebbe condannare ai margini. «Anche perché – spiega Angela Nava, presidente del Coordinamento genitori democratici, Onlus fondata tra gli altri da Gianni Rodari – la povertà educativa non è solo un insuccesso scolastico, ma è legata anche a un territorio povero di offerta culturale e di diritti di cittadinanza». La stessa Commissione Europea ha sottolineato che deve essere una priorità affrontare le cause degli scarsi risultati scolastici in Italia, ma che in questi ultimi anni i divari territoriali e sociali si sono ampliati. È quella che viene anche chiamata dispersione scolastica implicita. Ragazzi che, pur completando il percorso di istruzione, non raggiungono un livello di competenze adeguato. Un’ipoteca sul futuro, perché avere scarse competenze e bassi titoli di studio può significare anche avere minori possibilità di occupazione e salari più bassi. E una zavorra per lo sviluppo di tutto il Paese.
L’Italia “vanta” in Europa il più alto tasso di dispersione scolastica esplicita, ovvero di ragazzi e ragazze che abbandonano precocemente la scuola e non studiano né lavorano. Il contrasto a questo fenomeno è proprio uno degli obiettivi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), che ha stanziato per questo 1,4 miliardi.
I fondi del Pnrr Non poche critiche si sono levate contro il metodo di attribuzione di questi fondi agli istituti scolastici. «Saranno assegnati alle scuole a monte della presentazione di un progetto verificabile e valutabile, senza alcun vincolo», ha scritto la sociologa Chiara Saraceno. «La scuola dovrebbe fare investimenti importanti sui ragazzi lasciati indietro – ribadisce Angela Nava – ma i fondi verranno distribuiti a pioggia e non tutti gli Istituti ce la faranno a investirli. Noi come genitori chiedevamo assegnazioni e indicatori più attenti alla povertà educativa».
Lo attesta anche Save the Children: «Essendo quelle del Pnrr risorse comunque limitate, è fondamentale che siano orientate prioritariamente nei territori più deprivati, e che siano sostenute da un investimento ordinario e strutturale in grado di rendere davvero possibile l’abbattimento delle disuguaglianze nel Paese».
Uno degli strumenti individuati dal Pnrr per contrastare la dispersione scolastica, con un budget di 560 milioni, è l’incremento dell’offerta formativa grazie all’attivazione del tempo pieno. “L’allungamento dell’orario, con il ripensamento dell’offerta formativa durante l’intera giornata e l’introduzione di attività volte a rafforzare le competenze trasversali di studentesse e studenti, migliora l’insieme del servizio scolastico e favorisce il contrasto all’abbandono”, si legge nel Piano. In sostanza si promette più scuola, già a partire da questo anno scolastico; contestualmente è previsto anche il reclutamento di 70 mila nuovi docenti entro il 2024. Insomma, per il Pnrr la sfida è riuscire a compensare ritardi e divari di lungo periodo del sistema educativo italiano, anche aumentando il tempo che si trascorre in classe.
La scuola fa schifo? La speranza è che la costruzione di una nuova scuola che si intravvede dietro questi provvedimenti, progetti e finanziamenti possa dare risposte a chi combatte per migliorare quella di oggi, anche con metodi provocatori. Come Francesco Intraguglielmo, fondatore del movimento giovanile “Rivoluzioniamo la scuola”, che questa estate si è presentato all’esame di maturità della sua scuola, un liceo scientifico di Enna, con la provocatoria maglietta con scritto il motto “La scuola fa schifo”.
«I motivi per cui l’ho fatto sono veramente tanti – spiega -. La scuola è un’istituzione antiquata ed obsoleta nel suo complesso. Il personale scolastico è spesso demotivato, purtroppo malpagato e dovrebbero esserci metodi seri di valutazione per docenti e dirigenti». E per quanto riguarda il Pnrr, dice, «speriamo che le scuole sappiano come utilizzare i fondi». E la dispersione scolastica? Francesco avanza una proposta: «Noi sappiamo che il 55% degli studenti bocciati abbandonano poi la scuola. Per evitare che accada sarebbe più giusto consentire l’avanzamento dello studente nelle materie in cui non è stato bocciato, in modo da trattenerlo agli studi, pensando a un percorso più flessibile che gli consenta di arrivare comunque alla fine del suo percorso».
Più sicurezza e innovazione E poi c’è il capitolo dell’edilizia scolastica, recita il Pnrr, “per rendere gli edifici pubblici adibiti a scuole del primo e secondo ciclo di istruzione innovativi, sostenibili, sicuri e inclusivi”. Con interventi di messa in sicurezza, adeguamento sismico, efficientamento energetico e sostituzione edilizia. Il budget è di 3,9 miliardi, l’avvio dei lavori è previsto già dal 2022.
A luglio, in particolare, è stato pubblicato il primo bando del concorso di progettazione per la realizzazione di 212 nuove scuole previste dal Piano, che dovranno essere innovative dal punto di vista architettonico, strutturale e impiantistico, con un 42,4% dei fondi assegnati al Sud e Isole. Gli interventi finanziati prevedono nella maggior parte dei casi (183, l’85% del totale) la demolizione con successiva ricostruzione nello stesso luogo.Negli altri casi, la modalità progettuale è la demolizione e costruzione della nuova scuola in un’altra sede. Con quote comunque variabili tra le regioni: prevedono la ricostruzione delocalizzata 2/3 degli interventi in Liguria, 1/3 di quelli della Basilicata, nonché il 30% dei progetti emiliano-romagnoli. Una bella sfida per il nostro Paese, in cui l’edificio scuola, anche “fisicamente”, ha bisogno di una messa a punto.
La minaccia del Covid Sempre riguardo alla sicurezza, si pone anche il tema di come affrontare un autunno che si preannuncia ancora funestato dalla coesistenza con il Covid: «Bisognerebbe parlare della purificazione dell’aria nelle classi – afferma la presidentessa dei Genitori Democratici – perché su questo siamo nella più totale insicurezza e incertezza, tanto più che nelle città metropolitane si riproporranno classi estremamente affollate. C’è molta confusione anche sulle mascherine per i più piccoli, alle elementari. Sono tutti temi su cui i genitori hanno sollecitato più volte attenzione e richiesta di partecipazione». Intanto, per ora, si torna sui banchi.
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