"Fermare questa barbarie è difficile ma non impossibile"
Intervista al professor Riccardo Moro, docente dell'Università Statale di Milano: "Ecco come la finanza condiziona tutto"

Professor Moro, come si sviluppa la dinamica dei futures legati ai cereali e ad altri beni di prima necessità? 
Venditore e acquirente si mettono d'accordo oggi per scambiarsi fra un anno una quantità di prodotto a un dato prezzo. Alla consegna, quale che sia il prezzo corrente quel giorno verrà pagata la cifra concordata. Per molti anni il future è stato uno strumento prezioso utilizzato dagli operatori del mercato agricolo: i prezzi erano prevedibili, e i produttori, che hanno costi al momento della semina, ma incassano solo al raccolto, potevano vendere titoli futures e disporre di denaro subito. Oggi però, con la deregulation finanziaria, i futures vengono utilizzati da un numero sempre maggiore di operatori che non hanno alcun interesse nel settore agricolo reale. Si concorda un future e prima della scadenza si 'straccia' (letteralmente!) il titolo scambiandosi praticamente la differenza come in una comune scommessa. L’enorme domanda di futures e di derivati di questo tipo ne ha fatto aumentare il valore di scambio. Tutti li domandano, il prezzo sale e si trascina quello del prodotto reale (un prodotto pronto per la consegna vale sempre un po’ di più di quello disponibile solo in futuro). Analogamente, se la borsa disinveste, com'è avvenuto nel 2008, il prezzo dei futures scende e costringe alla discesa anche quello del prodotto pronto. È la dimensione finanziaria, insomma, a trascinare il prezzo reale e non il contrario come sarebbe normale.

Qual è l'entità del fenomeno?
I calcoli non sono facili, perché non conta solo il valore dei titoli in circolazione, ma anche la velocità con cui passano di mano. Secondo Barclays dai 65 miliardi di dollari movimentati nel 2006 si è passati ai 126 miliardi del 2011. Ma quel che è più perverso è che è mutata l’essenza stessa del rapporto di scambio. Se nel giugno del 1996, infatti, alla Borsa di Chicago si stimava che l’88% dei futures sul frumento fossero contratti da operatori motivati dalla volontà di proteggersi dalle incertezze naturali dei raccolti, contro un 12% legato alla speculazione, nel giugno 2011 le stesse stime valutano che sia quasi il 70% il numero di futures scambiato da gruppi finanziari per fini lucrativi, mentre solo il 39% è detenuto da operatori legati all'economia reale.

La speculazione sul cibo quanto incide sull'andamento dell'inflazione?
Ci sono diverse cause che agiscono contemporaneamente e interagiscono tra di loro. Le dinamiche finanziarie poi sono difficilmente leggibili e i prezzi futuri spesso influenzati da stime e da aspettative a volte irrazionali. È comunque un impatto forte. I derivati si sono sviluppati dal 2006 in avanti, e poco dopo abbiamo avuto la prima crisi dei prezzi alimentari. C'e stato un disinvestimento in massa dai derivati legati al cibo nel 2008, e i prezzi sono crollati. C'è stata in seguito una consistente ripresa sino ad oggi, e abbiamo avuto costanti rincari.

È possibile fermare questa barbarie? Quali sono le possibili vie d'uscita?
Ci sono interessi enormi e trasversali capaci di condizionare niente meno che il Congresso Americano. Inoltre la grande finanza ha tempi di reazione e di adattamento velocissimi e riesce ad eludere le regole quand'anche ci fossero. Ma fare qualcosa è possibile. Ci sono diverse proposte in campo in sede europea e Usa per evitare che futures e derivati non influenzino i prezzi delle materie prime essenziali per la vita dell'uomo. Proposte tecniche accanto alle quali occorre la pressione esercitata dall'opinione pubblica.

E il singolo risparmiatore, cosa può fare?
Chiedere alla propria banca o al proprio promotore finanziario dove investiranno i suoi risparmi e non accontentarsi di risposte superficiali. E poi informarsi, interpellare il proprio Comune, prendere coscienza, aderire a campagne anti-speculazione e anti-spreco. Perché una buona idea, se non è sostenuta dalle gambe degli uomini, non riuscirà a cambiare il mondo.

 



Claudio Strano

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