Parisa Nazari (nella foto) è una farmacista, laureata alla Sapienza di Roma, nata in Iran.  Dal 1996 aveva deciso di vivere in Italia con suo marito e, innamorata del suo paese, cercava di diffonderne la cultura millenaria, l’arte, la poesia e la musica attraverso iniziative interculturali. Ci tornava ogni anno. Da tempo era anche un’attivista per i diritti umani che operava con Amnesty International e altre associazioni. Ma tre anni fa ha deciso che occorreva esporsi pubblicamente con più forza e diventare voce dei suoi connazionali. Accettando il prezzo, altissimo, di non poter più fare ritorno in Iran. 

Parisa NazariDietro la sua scelta ci sono un percorso sofferto e una forza inarrestabile: «Non avrei mai pensato di farmi portavoce del mio popolo. Ma nel novembre 2019 – spiega – a mio avviso si è toccato un punto di non ritorno, quando le forze dell’ordine hanno iniziato a sparare ad altezza d’uomo a chi manifestava in modo pacifico e legale. Hanno bloccato internet per più di una settimana, c’è stata una carneficina. In quel momento abbiamo capito che per il regime la vita degli iraniani non ha alcun valore e ormai non si poteva più aspettare, bisognava denunciare apertamente e in maniera ferma quello che stava succedendo. Anche il mondo del cinema, dell’arte e della cultura si è mobilitato con una lettera aperta per chiedere un intervento internazionale a favore dei diritti umani degli iraniani». 

Subito dopo, la pandemia ha contribuito a silenziare le proteste, che ora hanno trovato nuova visibilità soprattutto grazie a internet e ai social media. «Ciò di cui il mio popolo ha bisogno oggi è di non essere dimenticato – chiede Parisa Nazari –, che i riflettori del mondo non si spengano sulle violenze inaudite che stanno avvenendo: metterle allo scoperto è l’unico modo per arginare la brutalità del regime. Il governo religioso ha perso legittimità per il proprio popolo nel momento in cui ha iniziato a massacrare persone indifese, uccidere bambini e minorenni, sparare agli occhi e ai genitali di ragazze giovanissime. Da settembre in poi si è toccato il fondo per la gravità delle azioni che sono state commesse». 

Secondo Parisa Nazari ciascuno di noi può impegnarsi per fare pressione e salvare la vita di migliaia di persone: «Oggi, in Iran, donne e uomini, insieme, per le strade gridano “donna, vita, libertà“: è il loro no alla dittatura. Questo è un messaggio che deve arrivare in Iran e anche ai potenti del mondo, ai politici che in tutti questi anni hanno tollerato le violazioni dei diritti umani e la repressione in Iran in nome degli affari. Chiediamoglielo. L’Iran può diventare un paese democratico, è un’aspirazione degli iraniani da più di 100 anni ed è giunto il momento che siano loro i padroni del loro destino. Il nostro è un paese giovane, progressista, con una popolazione molto istruita, a differenza di 43 anni fa quando i religiosi sono arrivati al potere con l’appoggio popolare. Mai come in questo momento gli iraniani hanno rifiutato l’intromissione della religione nello Stato e chiedono che la religione rimanga nella sfera privata». 

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